Aspettando la festa dei diritti, di tutti e tutte.

Pochi giorni al Sardinia Pride 2016, la festa dei diritti di tutte e tutti. Il partito democratico aderisce alla manifestazione e non potrebbe essere diversamente perché il terreno dei diritti e delle battaglie che per gli stessi si combattono, ci vede impegnati da sempre e convintamente. 

Quest’anno la festa si colora in maniera diversa perché un risultato importante è stato raggiunto con l’approvazione della legge sulle unioni civili.

Una legge storica che, per la prima volta nel nostro paese, crea una situazione di pari accesso delle coppie eterosessuali e omosessuali ad un medesimo istituto giuridico quello, appunto, delle unioni civili. Riconosce diritti che prima erano solo desideri, rende certe e non effimere le coppie che scelgono di utilizzare questo strumento giuridico.

Non è il matrimonio, che avrebbe avuto altro impatto, si dirà. 

È vero, chi su questi temi è impegnato da tempo, considera quello del matrimonio il punto di arrivo del  percorso di riconoscimento pieno dei diritti individuali.

Personalmente sono convinta che a quel punto si arriverà,  si dovrà arrivare. Guardo però con favore a questo passaggio che crea un istituto disponibile per tutte le coppie, senza distinzioni. Questo è forse il dato di maggiore interesse politico e insieme giuridico, del nuovo istituto: se le più grandi ostilità all’idea di un matrimonio aperto alle coppie gay si è, nel tempo, strutturata sulla presunta diversità di queste ultime rispetto alle coppie tradizionali, l’aver scelto la strada di non creare un “mezzo matrimonio” con legislazione separata per le coppie lgbt ma, piuttosto, un unico istituto che è aperto a tutte le coppie, porta con sé il riconoscimento che le coppie sono tutte uguali.

E porterà con sé, in un tempo che spero sia breve, il riconoscimento che, quelle coppie, tutto sono tranne che una minaccia per le altre, non minano alle fondamenta alcun baluardo della società, non sono altro che due persone che insieme si scelgono e costruiscono insieme una famiglia, un progetto di vita condiviso fondato sull’amore e sul rispetto.

Per arrivare a questo punto, tuttavia, occorreva -alle condizioni politiche e parlamentari date in questo paese- un passaggio intermedio costituito, appunto da un istituto a parità di accesso che, nell’essere tale, supera la distinzione dimostrando che quella diversità non esiste.

Resta, e questo è il dato più doloroso della vicenda, il mancato riconoscimento della step child adoption che invece una disparità la certifica tra figli nati da coppie tradizionali e coppie lgbt.

L’intervento per porre rimedio a questa mancanza è già nella agenda parlamentare e richiederà l’adozione di un provvedimento specifico dedicato alla materia delle adozioni che, insieme, le riordini. Tuttavia, anche su questo punto, occorre ragionare tenendo conto di tutti i dati disponibili e, a guardare il quadro complessivo, la strada utilizzata in precedenza della adozione in casi particolari esce semmai rafforzato dalla nuova legge non certo indebolito. Una lettura questa, confortata dalle prime pronunce dei Tribunali per i Minorenni che non hanno modificato il proprio orientamento ma, appunto, semmai lo trovano ancorato ad un quadro legislativo nazionale che riconosce legittimità alle coppie lgbt. Oggi  questa linea viene ulterioriormente rafforzata nella pronuncia della Corte di Cassazione.

Al dato positivo di avere creato un terreno comune di riconoscimento di diritti, segue tuttavia la forte preoccupazione su altro, ma non lontano, versante: l’assenza pesante di una normativa di contrasto alla omotransfobia e, insieme, ai crimini d’odio. Gli strumenti normativi oggi a disposizione non permettono di contrastare un fenomeno preoccupante e già in atto: occorre arrivare quanto prima ad una legge che renda chiaro che propagandare l’odio verso chiunque è un crimine.

Ancora una volta la strada da percorrere è quella di un terreno comune non di una legislazione diversificata: l’odio verso le donne, verso le persone lgbt,  verso gli immigrati e in generale verso chi è percepito come diverso rispetto ad uno (supposto) standard di normalità , devono essere sanzionati da una norma unica, generale e astratta che preveda che chiunque, con discorsi, scritti o qualsiasi altra forma di espressione del proprio pensiero, diffonda, propagandi o altrimenti esponga contenuti violenti o inneggianti all’odio verso soggetti singoli o comunità,  commette reato.

A questo dobbiamo arrivare. Non basterà, perché questo serve non certo a prevenire, ma solo a sanzionare qualcosa che è già avvenuto. Per la prevenzione servirà una robusta politica culturale orientata a creare un diffuso sentire di rispetto reciproco e accettazione e sociale delle differenze, di genere e di orientamento sessuale. 

La strada però è questa ed abbiamo iniziato a percorrerla insieme.

Buon Pride a tutti e tutte.

Rosanna Mura

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