(L’Unione Sarda)
Folle idea, quella della fusione dei piccoli Comuni. Non si sa come la prenderanno nella Penisola, ma in Sardegna un fatto è certo: il rigetto dei 314 piccoli centri (popolazione inferiore di 5mila abitanti) sui 377 totali, pari a un terzo della Regione (518mila abitanti), è totale. È dunque destinato al naufragio il progetto del ministro dell’Interno che ha affidato a tre signori – Roberto Pacella, Giorgio Milanetti e Giancarlo Verde – il compito di studiare i «risparmi teorici» che per esempio si otterrebbero se si accorpassero i Comuni con popolazione di 3mila abitanti per raggiungere il minimo sindacale di 5mila. Il trio di esperti ha analizzato soprattutto il costo del personale, basandosi sui dati di 7.866 Comuni sugli 8.093 totali. Se l’altro ieri, durante il blitz cagliaritano sulla sicurezza del titolare del Viminale, peraltro organizzato per difendere e tutelare proprio gli amministratori delle comunità più minuscole, i sindaci avessero saputo di questo studio di 34 pagine finalizzato a chissà quali risparmi, sicuramente avrebbero espresso ad Angelino Alfano tutto il loro dissenso. NO SECCO «Per fortuna – commenta, con ironia, Emiliano Deiana , sindaco di Bortigiadas, paladino e custode dell’identità dei piccoli centri – loro stessi parlano di “risparmi teorici”. Evidentemente neanche il ministro è convinto della bontà di un qualcosa che reputo assurdo e ingiustificato. A giorni, m’impegno a smontare pezzo per pezzo questo studio. Per ora, mi limito a osservare che il risparmio totale sarebbe di 240 milioni di euro contro una spesa nazionale di 14 miliardi e mezzo di euro. Un’inezia». Deiana adombra anche un sospetto: che l’iniziativa di Alfano trovi qualche sponda nell’Anci nazionale. «Non molto tempo fa – osserva il primo cittadino di Bortigiadas – lo stesso presidente della nostra associazione Piero Fassino non aveva escluso l’ipotesi di fusione dei piccoli centri, salvo poi innestare la retromarcia sulla scorta del coro dei no proveniente da tutta Italia. Non vorrei che una sorta d’intesa Anci-Ministero riaffiori oggi. Il mio, anzi il nostro no non deriva da pregiudizi, ma sarà motivato con dati di fatto inoppugnabili». DEMOCRAZIA Emiliano Deiana ovviamente non è solo nel condurre questo tipo di battaglia. Molto spesso si ritrova a discutere del ruolo e dell’importanza dei Comuni meno popolosi con numerosi colleghi sindaci, spesso molto giovani. Uno di loro si chiama Alessio Mandis , primo cittadino di Gonnostramatza, in provincia di Oristano. «Questa ipotesi di fusione – commenta – non ha nessuna ragion d’essere, e va rispedita subito al mittente. Non so come la pensino i Comuni della Penisola, so invece come la pensiamo noi in Sardegna. Sfido qualcuno a trovare un sindaco favorevole». Mandis è convinto che «da un eventuale accorpamento si risparmierebbero pochi euro. Risorse a parte, la funzione essenziale della rappresentatività di un Comune non può né dev’essere delegata a chicchessia, Se i sindaci sono gli interlocutori diretti dei cittadini, rispondono a loro nel bene e nel male. Fonderci significherebbe inoltre limitare e comprimere la nostra autonomia, valore da difendere con tutte le nostre forze. E, infine, proprio per il diritto del cittadino a essere rappresentato, c’è il pericolo di infliggere un vulnus alla democrazia». Mandis è contrario alla fusione, ma invece è favorevole alla gestione associata dei servizi, «purché si stabilisca con precisione quali sono i compiti di ogni singolo Comune». L’ANCI La strada della gestione associata ce la facciamo spiegare da Pier Sandro Scano , protagonista del confronto dell’altro ieri con Angelino Alfano e impegnato, nella sua veste di sindaco di Villamar e di presidente dell’Anci regionale, in numerose battaglie a difesa delle comunità più piccole. «In un primo momento – spiega – i Comuni inferiori ai 5mila abitanti erano obbligati a svolgere le dieci funzioni fondamentali entro il 31 dicembre dell’anno scorso. Per fortuna, grazie all’impulso dell’Anci nazionale e del presidente Piero Fassino, è passato un emendamento nel decreto milleproroghe che sposta la scadenza di un anno. Quindi, abbiamo qualche mese di tempo per percorrere insieme la strada delle gestioni associate». Sul tema della fusione, Scano è chiarissimo e fa riferimento a «un’assemblea svoltasi ad Abbasanta il 3 ottobre dello scorso anno, quando, con un documento, respingemmo all’unanimità, in modo radicale, ogni forma di accorpamento. A livello nazionale – conclude Pier Sandro Scano – la linea è questa: le fusioni tra Comuni sono consentite solo se esiste il requisito della volontarietà, mentre l’Anci è contraria a ogni forma obbligatoria. Nel caso della Sardegna, il distinguo non si pone nemmeno nel senso che sarebbe assai faticoso dare l’ok anche a un’unione su base volontaria. Questa del resto è anche la posizione della Giunta regionale. Dunque, lo studio del ministero dell’Interno, per noi, è come se non esistesse».