Di Omar Ariu, classedem provincia Cagliari
Si discute con veemenza del nuovo Senato, ma in realtà le future modalità di elezione sono ancora ondivaghe e confuse.
Ad ormai poche ore dalla fatidica data del 4 dicembre, giorno in cui l’Italia si ritroverà davanti ad una possibile svolta dal punto di vista costituzionale e istituzionale, una delle principali domande riguarda il metodo di scelta dei senatori nel caso in cui dovesse prevalere il Sì alla riforma.
Gran parte delle opposizioni hanno insistito particolarmente sulla “non elettività” dei consiglieri regionali e dei sindaci che andranno a comporre il nuovo Senato previsto dalla riforma Boschi, soprattutto perché non se ne parla nel dettaglio nel testo costituzionale su cui i cittadini saranno chiamati ad esprimere il proprio voto. Tuttavia, la maggioranza di governo e i sostenitori del Sì rimarcano l’infondatezza di tale accusa da parte del fronte del No.
Infatti, nell’articolo 57 come modificato dalla riforma si sottolinea che “i Consigli regionali e i Consigli delle Province autonome di Trento e di Bolzano eleggono, con metodo proporzionale, i senatori fra i propri componenti e, nella misura di uno per ciascuno, fra i sindaci dei comuni dei rispettivi territori.”
Ma anche “Con legge approvata da entrambe le Camere sono regolate le modalità di attribuzione dei seggi e di elezione dei membri del Senato della Repubblica tra i consiglieri e i sindaci, nonché quelle per la loro sostituzione, in caso di cessazione dalla carica elettiva regionale o locale. I seggi sono attribuiti in ragione dei voti espressi e della composizione di ciascun Consiglio”.
Si può comprendere come si rimandi ad una successiva legge elettorale per l’elezione dei senatori, il che è comprensibile dato che sarebbe stato pressoché inutile approvare una legge elettorale per l’elezione di un organo che non esiste ancora.
Inoltre, è già stato proposto un disegno di legge per l’elezione del Senato. I primi firmatari sono due senatori del Pd, Vannino Chiti e Federico Fornaro. Il ddl mira a disciplinare le modalità per l’elezione dei 74 membri del Senato che ricoprono anche la carica di Consigliere regionale e dei 21 membri che ricoprono la carica di Sindaco. Di questa proposta le varie forze politiche potranno discutere al fine di sviluppare una norma che dia attuazione all’art.57 della Costituzione e alle relative norme transitorie.
L’obiettivo di questo ddl è proprio quello di dare continuità alle scelte degli elettori al momento del loro voto per il rinnovo dei rispettivi consigli regionali in cui avranno la possibilità di “scegliere” anche i senatori. In tal senso, i consigli regionali e i consigli provinciali di Trento e Bolzano dovranno, di fatto, prendere atto della scelta degli elettori.
Al fine di salvaguardare il rapporto diretto tra elettore ed eletto (sempre su base regionale ovviamente) ed evitare eccesive competizioni tra consiglieri nei territori (che di fatto potrebbero generare ingenti costi nella campagna elettorale), il ddl propone la modalità di scelta dei candidati sulla base del modello del collegio uninominale di lista collegato a un raggruppamento regionale e all’attribuzione dei seggi con metodo proporzionale. Conseguentemente, il territorio di ciascuna regione verrà suddiviso in tanti collegi quanti sono i seggi spettanti alla Regione stessa (comunque almeno 2).
A differenza di quanto accade con la normativa vigente secondo cui possono partecipare al voto per il Senato tutti coloro che hanno compiuto 25 anni d’età, il ddl Chiti-Fornaro propone che per l’elezione dei consiglieri/sindaci-senatori possano partecipare tutti coloro che abbiano compiuto 18 anni d’età. Un elemento di novità rispetto al passato.
In riferimento ai sindaci, inoltre, entro sette giorni dalla data di insediamento del consiglio regionale, verrebbe convocato il Consiglio delle Autonomie Locali, con il compito di individuare una terna di Sindaci, con la presenza di entrambi i generi.
La durata del mandato dei senatori coinciderebbe con quella della rispettiva carica negli organi regionali e locali.
Un’ulteriore critica rispetto al nuovo senato è che non essendo questo un organo “elettivo” i rispettivi senatori non farebbero più riferimento alla volontà popolare ma a quella dei partiti di appartenenza. In realtà, sarebbe rispettato il principio di rappresentatività regionale conformemente alla formula adottata nella riforma costituzionale. I senatori infatti andrebbero a svolgere la loro funzione rispetto alle istanze regionali e locali di appartenenza del proprio territorio, e la loro affiliazione partitica sarebbe relativa, in quanto non andrebbero a creare una maggioranza o un’opposizione all’interno del nuovo Senato (dato che questo non potrà concedere e revocare la fiducia al Governo e avrà potere legislativo solo in alcune limitate materie).
In caso di vittoria del Sì si aprirà anche la discussione sulle modalità di selezione dei senatori. I tempi di attesa non dovrebbero essere particolarmente lunghi, anche perché le prossime elezioni potrebbero essere più vicine di quanto si possa pensare.