di Carlo Bertini, La Stampa, 16 marzo 2015
«Le elezioni primarie si svolgono in un solo giorno, anche non festivo, compreso tra il novantesimo e il sessantesimo giorno antecedente il termine per la presentazione delle candidature». Se ci fosse una legge sui partiti potrebbe essere questo l’ultimo articolo per regolare le primarie obbligatorie per tutti, non solo del Pd, ma anche di quelle forze politiche oggi dilaniate da faide interne come Forza Italia, Lega e 5Stelle. Ora ci provano una ventina di deputati di varie correnti del Pd a mettere agli atti una legge, prima firma l’ex lettiano Marco Meloni, che fissi alcune regole ed eviti innanzitutto che i leader piovano dall’alto senza bisogno di riconferme popolari. E basta il primo articolo per capire che portata avrebbe una norma che disciplini «le elezioni primarie per la selezione dei candidati dei partiti politici, dei movimenti e delle coalizioni per le cariche monocratiche quali sindaco, presidente della Regione, Presidente del Consiglio, deputato nazionale, consigliere regionale, comunale». Dunque le primarie sarebbero «pubbliche e statali», potrebbero partecipare tutti i cittadini «iscritti alle liste elettorali» nonché «al Registro degli elettori del partito o del movimento». Gli iscritti ai partiti – sempre meno – farebbero parte automaticamente del Registro degli elettori. Albi che verrebbero regolati dal Ministero dell’Interno, rinnovati tacitamente anno per anno. Ma posto che così il voto di ognuno non sarebbe più segreto, sarebbe per altro verso più difficile inquinare le competizioni: chi dovesse iscriversi a più Registri verrebbe squalificato.