Condivido ciò che dice Tullio De Mauro quando parla della necessità di intervenire sulla qualità della scuola e sulla inclusione, senza la quale una vera comunità educante non è all’altezza di questo compito. Per il suo prestigio ha molto da insegnarci, e noi dobbiamo ascoltarlo. Ma voglio fare un passo indietro. Ricordate quando Berlinguer ci chiese di essere valutati e noi insegnanti rifiutammo? Era già molto avanti e noi, fermi, non lo capimmo. Eppure io avrei voluto farlo quel “concorsone”, avrei voluto essere valutata. Ogni insegnante dovrebbe volerlo.
Oggi Berlinguer ci chiede di andare avanti, per esempio. Visioni differenti, Berlinguer e De Mauro, ma accomunate da un unico desiderio che è quello di cambiarla, questa scuola, nella sua organizzazione, nella qualità della sua offerta formativa, nei suoi contenuti e nei suoi metodi. Perché è vero che la scuola nella nostra storia repubblicana, ha avuto un ruolo fondamentale nell’acquisizione della consapevolezza della cittadinanza e dei suoi diritti, ha reso possibile la crescita sociale e l’inclusione, ha educato alla democrazia. E questo deve continuare a fare, ma nel contempo deve riformarsi, adeguarsi ai tempi cambiati, ad alunni diversi e alle loro diverse competenze , agli stimoli che loro ogni giorno ricevono, e che sono cambiati. Ai loro modi di apprendimento . I nostri bambini, e chiunque di noi lo sperimenta tutti i giorni, nascono digitali, la loro intelligenza è intuitiva come quella dell’iPhone ( noi , generazione Gutenberg eravamo altra cosa, come dimenticare le nostre narrazioni) e hanno una percezione dello spazio e del tempo diversa dalla nostra. Vogliamo insegnare , per fare un esempio, la matematica o la filosofia o la logica nello stesso modo? Credo di no, e qui dobbiamo intervenire. Da ora in poi dobbiamo lavorare su questo, e l’autonomia, che è prima di tutto esercizio della responsabilità, ci da questa opportunità.
Ho dedicato alla scuola 25 anni della mia vita, sempre con entusiasmo e voglia di migliorare e di studiare. Ma anche sempre col desiderio di vederla cambiare questa scuola, dall’interno. Sono stata felice di insegnare e lo sarò ancora, quando tornerò ad abitarla, la scuola, perché è il lavoro più di frontiera che conosco, perché è una sfida e un’epopea, perché dentro c’è il mondo intero. Per questo non avrei potuto accettare un preside sceriffo, una scuola svuotata della collegialità e della democrazia interna, svilita nel suo ruolo di comunità educante e diventata azienda . E infatti non l’ho fatto. E infatti nel testo tutto questo, dopo il lavoro della commissione , non c’è più.
Certo, c’è ancora molto da fare, e deve andare nella direzione indicata da De Mauro. E dobbiamo ancora lavorare, molto, perché la scuola è un laboratorio sociale e riflette la società in cui vive . E dobbiamo aiutare le scuole difficili nei luoghi emarginati, nei paesi dove non nascono più i bambini e dove l’inclusione e la cultura sono un diritto più che altrove. Lo so, lo sappiamo.
Caterina Pes, deputato