La vittoria di Donald J. Trump alle presidenziali statunitensi lascia increduli e sbigottiti tutti coloro che, seppur in minima parte, hanno seguito la campagna elettorale dando per scontato il successo di Hillary Clinton. Forse anche lo stesso Trump, quando 18 mesi fa annunciò la sua candidatura, non avrebbe mai pesato di arrivare fino alla fine, beffando sul più bello tutti coloro che in lui non avrebbero mai scommesso un dollaro. Il messaggio lanciato dall’ormai neo presidente era chiaro, “Make America Great Again“[1] ed è proprio su questo che ha basato la sua intera campagna elettorale, a suon di espulsione di migranti, costruzione di muri e rifiuto di stipulare trattati commerciali. La Clinton invece, ha cercato di portare avanti una politica di compromesso tra le varie anime del paese e del suo partito. Dopo aver conquistato la tanto agognata nomination, a discapito del forse più amato Bernie Sanders, ha iniziato una estenuante lotta per accaparrarsi fino all’ultimo voto di chi, 8 anni prima aveva deciso di sostenere Barack Obama. Le promesse di naturalizzare gran parte di quei migranti che si vedevano negare la cittadinanza, di garantire un eguale accesso agli studi e di supportare la ripresa economica, non sono bastate all’ex Segretario di Stato per conquistare lo Studio Ovale.
L’eredità di Obama è caduta nelle mani di colui che proprio con il Presidente non ha mai avuto nulla in comune e che preannuncia di smantellare quanto di buono aveva realizzato nel suo mandato. Trump ha vinto, quasi beffandosi di ogni pronostico che fino a poche ore prima dell’apertura dei seggi lo dava per sconfitto, ha soprafatto la Clinton e forse tutta la classe politica statunitense, facendo aprire gli occhi su una realtà con la quale non possiamo più evitare di fare i conti. Se il Tycoon con le sue affermazioni che hanno oscillato tra il sessismo e il razzismo, è riuscito a farsi strada nell’elettorato americano, dobbiamo chiederci cosa non ha funzionato, cosa si è sbagliato per far si che il messaggio populista di Trump riuscisse ad arrivare al vertice della Casa Bianca. Tra le schiera dei democratici bisognerà cercare di colmare il gap che si è creato con i loro elettori, rinsaldando la fiducia nel partito e nei suoi rappresentati; tra i repubblicani si dovrà cercare di capire perché un neofita della politica è riuscito, in una manciata di mesi, a conquistare la nomination a discapito dei grandi nomi del Grand Old Party[2]. Queste sono le sfide che aspettano i due maggiori partiti americani, consci del fatto che fuori dai palazzi del potere vi sono migliaia di elettori delusi e disillusi e proiettarsi così verso la sfida del 2020.
Sara Perredda
[1]Rendere l’America di nuovo grande
[2] GOP o Partito Repubblicano