Murgia. “Più risorse per la Sardegna se saremo capaci di conquistarcele”

di Andrea Murgia-segretaria regionale Pd

 

Il dibattito sui fondi europei presenta due rischi da evitare.
Il primo è quello di cadere nel solito percorso polemico gridando alla complessità del meccanismo di gestione dei fondi, urlo ampiamente abusato che ci fa ritirare nel nostro orticello e raccontare “QUANTO SAREMMO STATI BRAVI SE…” Sostanzialmente se gli altri non fossero l’Europa. Invece ci sono in Europa e in Italia (a parità di SE) regioni che spendono bene i fondi e regioni che li spendono male. Il secondo, più profondo, è quello di considerare la provvista finanziaria dei fondi come uno spazio di accordo entro il quale poter gestire il conflitto fra la Regione che dispone e il territorio che riceve (i mille campanili, i mille corsi di formazione). In parole povere, scaricare sul territorio l’incapacità amministrativa di livello gestionale. La Regione quindi come un ufficio rendicontazione di quanto il territorio riesce ad assorbire. E se non assorbe non è colpa di nessuno ma della crisi economica e delle troppe risorse a disposizione.

Se volessimo raccontare la storia dei fondi europei in Sardegna si troverebbero sicuramente buone pratiche, qualche successo e grossi sprechi, tante cose realizzate ma anche una montagna di soldi spesi senza nessun ritorno in termini di sviluppo.
La Sardegna rimane una regione che oscilla attorno alla soglia del 75% del Prodotto Interno Lordo europeo da tempo immemorabile. Eravamo Obiettivo Uno, poi Phasing-In, ora transizione. Sostanzialmente 25 anni che giriamo attorno all’asticella con ragionamenti del tipo “se metti la SARAS stiamo sopra, se togli la SARAS stiamo sotto.
È questo il fallimento. Un fallimento che nel gioco delle parti proprie dell’alternanza è da sempre tema di accuse reciproche fra maggioranza e opposizione.

Per esempio sopravvive al mito la dichiarazione che la precedente Giunta avesse raggiunto il podio nella spesa dei fondi.
Mentre è vero il contrario, che sono stati cioè usati tutti gli artifici contabili possibili e immaginabili per rendicontare i fondi. Sicuramente qualcosa ci sarà ma personalmente non riesco a vedere nella programmazione che si sta concludendo, un obiettivo raggiunto, degno di essere menzionato. Il disastro degli ultimi anni è stato evidente ed è sicuramente uno dei motivi che ha permesso alla nostra coalizione di vincere le recenti elezioni regionali.  Il PIL che scendeva, le imprese chiedevano cantieri, i giovani il lavoro, la recessione aggrediva. Intanto il POR rendicontava progetti già realizzati o parcheggiava i soldi alla SFIRS (abbiamo creato al solo scopo di evitare il definanziamento il più grande fondo di garanzia d’Europa) oppure semplicemente li restituiva allo Stato.   E si badi che non è vero che non perdiamo i soldi. Di solito li perdiamo in chiusura dopo che i programmi sono scomparsi dal quotidiano politico. Quando i contabili spulciano le carte della chiusura, arriva la Corte dei Conti, si valuta l’ammissibilità dei progetti e si tolgono fondi. Bisogna osservare che la complessità del sistema è aumentata mentre lo schema di gestione è rimasto pressoché immutato. E oggi non possiamo avere la presunzione di immaginare di risolvere problemi che in passato ci hanno impedito la spesa con le stesse soluzioni che hanno creato il danno.

Per questo è opportuno che si faccia una riflessione seria sul sistema di gestione, si metta in discussione il ruolo della macchina regionale e si elabori una riforma profonda di questa “governance”. Faccio alcuni esempi concreti. Ha senso spendere 20 milioni di fondi regionali per tenere in piedi ARGEA che non è neppure organismo pagatore e cumula ritardi in ogni erogazione di premi agricoli? Ha senso tenere il Centro Regionale di Programmazione separato dalla macchina regionale e alimentato attraverso una contabilità speciale (l’unica che ho visto nella proposta di bilancio licenziata dalla Giunta)  pagando gli esperti con fondi regionali per circa 3 milioni di euro all’anno?

Questo Piccolo Mondo Antico si basa sulla specialità riconosciuta al CRP con la legge di rinascita del 1962, Presidente della Regione Efisio Corrias e Amintore Fanfani Presidente del Consiglio. Spendiamo fondi regionali mentre nei programmi, a vario titolo, sono previsti fondi per l’assistenza tecnica. Nei due programmi principali circa 70 milioni di euro (10 milioni di euro per ogni anno di programmazione!). Ha senso prevedere di spendere circa un milione all’anno in studi e ricerche? Cosa dobbiamo ancora studiare?  Al limite dovremmo insegnare noi ad altri come gestirli, considerato che la regione potrebbe vantare un’esperienza di 25 anni.  Penso che un sistema così costoso si giustifica solamente se efficiente. Ma l’efficienza si misura sulle necessità dei lavoratori, delle imprese, degli enti locali. Si misura con la certezza del finanziamento in tempi rapidi, con erogazioni veloci, rendicontazioni spedite. Mi viene pure il dubbio che nonostante l’enorme sforzo finanziario sia perlomeno efficace. Molte volte ho guardato i proclami di fine anno sul superamento delle soglie di spesa e mi sono chiesto quale fosse la qualità della spesa, l’effettivo impatto sul territorio, sul sistema economico, sulle esigenze dei sardi.
Il Centro Regionale di Programmazione da troppo tempo lavora solo per evitare di disimpegnare fondi. Gli assessorati rallentano la spesa perché non riescono a gestire la complessità dei bandi. La regione tutta si trincera dietro quella che si potrebbe tranquillamente definire “BUROCRAZIA DIFENSIVA”. L’interpretazione cioè di ogni legge, regolamento, direttiva, circolare, solamente in modo favorevole al burocrate stesso. Nel modo cioè più restrittivo immaginabile.
E in queste cose, nelle misure del Piano di Sviluppo Rurale sono stati veramente dei campioni impareggiabili.
L’indirizzo della Commissione è invece quello di rafforzare la capacità amministrativa, potenziare l’approccio territoriale e rendere altri protagonisti nella gestione dei fondi europei.

In questo quadro ben vengano le autorità urbane che gestiranno parte dei programmi, ben venga un nuovo protagonismo di enti territoriali che faranno programmazione integrata. Ben venga un ruolo partecipe del partenariato che accompagni tutto il processo di costruzione e gestione dei programmi operativi. Ci servono due cose, la consapevolezza che il ruolo del territorio va meritato, la constatazione che il meccanismo va rivisto profondamente. Serve una riforma profonda e il Partito Democratico deve assumersi il ruolo di supportare la Giunta Regionale sulla strada di questo processo. Ben vengano le riforme del personale della regione adottate recentemente con la legge 24 e ben vengano le affermazioni dell’Assessore Paci sulla precedenza ai fondi europei, ben venga anche il rilancio della programmazione unitaria trascurata dalle Giunte Cappellacci.
Dobbiamo sostenere insieme un cambio di passo ancora più rapido. Un lavoro che non è divertente e per certi versi è pure doloroso ma che è diventato ormai indifferibile. La contingenza impone di concentrare gli sforzi fino alla fine dell’anno sulla spesa della vecchia programmazione, il 2016 però non avrà soglie di disimpegno automatico e per il FESR neppure il 2017.               L’ora è quella giusta anche dal punto di vista delle scadenze finanziarie.

Come succede nelle regioni migliori bisogna riportare i fondi europei nella normalità gestionale della macchina amministrativa regionale. Tutelando scrupolosamente le tante competenze che pure ci sono dentro la Regione ma, per quanto possibile, usando i fondi dell’assistenza tecnica per gestire il programma e lasciando i fondi regionali ad altri scopi. Molte volte è stato detto che sarebbe stata l’ultima occasione per la Sardegna. Tanti anche oggi dicono che questa sarà l’ultima tornata in cui avremo a disposizione fondi consistenti dall’Europa. Penso invece che sarà l’ultima volta che avremo fondi se non sapremo spenderli bene. Se ci sarà l’Europa nel 2021 ci saranno nuove risorse per la Sardegna nella misura in cui saremo capaci di conquistarcele.

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