Expo come Re Mida: ha trasformato in oro tutto ciò che ha toccato!
Per capirci, l’Esposizione Universale del 2015, con 1,3 miliardi di euro pubblici e 1 miliardo di investimenti stranieri, ha generato un volume d’affari di 20 miliardi, ha coinvolto mille imprese, ha attratto 22 milioni di visitatori ( di cui un terzo straniero), ospitando 60 capi di stato e 10 mila delegazioni. Un successo senza precedenti, ma non alla portata di tutti. Infatti, negli ultimi due mesi, per un sardo arrivare a Milano non è stato nè facile, nè economico: voli limitati e prezzi salati ne hanno fatto un sogno irraggiungibile per molti. A questo si è aggiunto il costo dell’alloggio che io e mio marito abbiamo limitato grazie alla prenotazione di un appartamento su Airbnb.
In più, va detta un’altra cosa: pensare di vedere Expo in un unico giorno è impensabile. Mi spiace per i tanti che ci hanno tentato lamentandosi poi sui social. Perché?
La prima giornata alla fiera di Rho non è un affare per chi ha poca pazienza! Lo spazio espositivo è enorme e in pochi minuti dall’apertura dei cancelli si formano già le famose file davanti ai padiglioni più belli. Alle undici del mattino, un fiume di persone attraversa il Decumano e invade ogni centimetro calpestabile dell’immensa area espositiva. Inizia l’ansia e prende forma la certezza di non poter vedere tutto, ma la bellezza sensazionale dell’esterno dei padiglioni tranquillizza e trasmette la consapevolezza che bastava essere arrivati li per considerarci soddisfatti della scelta. Per primi vediamo Angola e Brasile. Da li capiamo che di cibo vero e proprio ne vedremo ben poco, mentre sarà dato ampio spazio a video e installazioni esplicativi su produzioni agricole e sostenibili dei paesi del mondo. Il Brasile poi ha un ingresso pazzesco: una rete immensa che permette di camminare sospesi per aria lungo tutto lo spazio verde sottostante. Le ore sono trascorse veloci sino ai primi spettacoli di luci, giochi d’acqua e musica dell’albero della vita. Un inno all’Italia e all’italianità grazie alle note più belle del nostro Paese, un’idea folle e geniale allo stesso tempo che commuove, capace di stimolare sentimenti di unità e appartenenza ad un Paese di eccellenze e grandi maestri. Il resto del pomeriggio lo passiamo nel padiglione italiano, detto Palazzo Italia. La struttura bianca è impressionante e nasconde nella sua bellezza delle caratteristiche innovative ed ecosostenibili che secondo me non sono state ben evidenziate. La foresta ramificata è stata realizzata con un cemento biodinamico (prodotto da Italcementi) che a contatto con la luce del sole cattura alcuni inquinanti presenti nell’aria per trasformarli in sali inerti contribuendo a rendere più pulita l’atmosfera dallo smog. Un parziale anticipo dei temi di sostenibilità, opportunità e mobilità che saranno trattati a Dubai dalla prossima esposizione universale del 2020.
Chi si aspettava maialetti arrosto o tavole imbandite di altre specialità più o meno gratuite è rimasto deluso. L’unico Padiglione in cui era permesso portar via cibo (gratis) era quello della Svizzera, con un interessante idea di fondo. Una prova pratica di diseguaglianze alimentari in cui, se i primi visitatori di ogni ora prendevano troppo caffè, sale, acqua e mele messe a disposizione nel padiglione, i visitatori successivi non avrebbero trovato di che sfamarsi. Un altro padiglione che secondo me ha centrato il tema è stato quello dell’Austria, che regalava un’altra esperienza pratica: la possibilità di passeggiare in un’affascinante foresta europea che rilasciava 62,5 kg di ossigeno puro per ogni ora. Il giorno seguente, arriviamo all’esposizione verso l’ora di pranzo, e puntiamo dritti verso il Padiglione Zero, l’esposizione introduttiva dell’Expo 2015, curato dall’Onu. Ci accoglie una biblioteca imponente e tanti video molto interessanti ed esplicativi: si narra dell’evoluzione del rapporto tra uomo e natura, dall’età primitiva ai giorni nostri, caratterizzando il racconto con le forti contraddizioni dello spreco alimentare mondiale. L’Onu cerca di ribadire la propria missione per garantire a tutti il diritto di accesso al cibo oggi e di non compromettere i bisogni delle generazioni future. Vengono perciò proiettate le 18 Best Practices al mondo che diventeranno il riferimento e il modello di sviluppo sostenibile futuro. Le file si trasformano in interessanti scambi d’opinioni come nell’attesa per il padiglione zero dove un giovane ragazzo siciliano ci racconta croci e delizie della sua azienda di mandorle e olio in esposizione all’Expo.Non potevamo però abbandonare l’evento senza tentare l’ingresso più ambito e temuto, che il giorno prima richiedeva ben 8 ore di fila: il padiglione del Giappone. Incredibile ma vero, ce la caviamo con meno di un’ora e mezza di fila e con una bella visita che ci lascia come ricordo una app ricca di curiosità e ricette giapponesi. Geniale l’idea di allietare gli ultimi minuti di fila con spot e video sulla ripresa del paese dopo il terribile Tsunami degli scorsi anni. All’interno, esperienze multisensoriali 3d fanno rivivere le stagioni giapponesi, mentre altre sale raccontano le peculiarità innovative delle attività produttive giapponesi in armonia con la natura.
L’Expo ci ha ripagato con molto di più, ma possiamo affermare che ne è valsa davvero la pena e quindi perché non sentirci fieri di tanto successo? Certo, inizialmente è stato organizzato e messo su con diversi problemi e ritardi, certo all’interno dei padiglioni spesso si poteva fare di più, certo alcuni Paesi non hanno centrato in pieno il tema dell’Expo, ma è anche vero che da maggio ad ottobre siamo stati l’ombelico del mondo e che lo sforzo di chi ha partecipato e lavorato per questo evento è stato straordinario.Ho visto tanti volontari e operatori stanchi ma felici di essere parte di una macchina enorme, straordinaria e vincente, capace di andare oltre ai problemi spesso tipici di una certa “maccheronica italianità”, con coraggio e fierezza. La metafora di un Paese che vuole andare oltre, che vuole e sta ripartendo.
E la Sardegna ?
La Sardegna ha partecipato inviando varie delegazioni ,tanti artigiani e aziende che l’Expo ha ripagato offrendo una vetrina straordinaria per un’Isola altrettanto straordinaria che quando crede nelle proprie capacità è in grado di stupire ed affascinare il mondo intero. L’immagine dell’Isola è stata caratterizzata dall’attenzione per il rispetto del cibo, dell’alimentazione e del riutilizzo delle eccedenze. In questo contesto è stata valorizzata la rinomata qualità della vita del nostro territorio e la tipica longevità di cui godono i sardi. Ricordiamoci che Expo2015 ha portato alla firma del protocollo internazionale per i cambiamenti climatici. La Sardegna, tramite l’Assessore Donatella Spano, ha dichiarato di avervi aderito, impegnandosi a definire piani di adattamento coerenti con la Strategia nazionale considerando la vulnerabilità dei propri territori. Insomma, si è andati oltre il tanto dibattuto “maialetto sardo”. Come ha ricordato il Presidente Pigliaru, la Sardegna ha alle sue spalle tanti anni di errori, legati a investimenti sbagliati, basati su modelli di sviluppo non sostenibili. I danni legati a errori di valutazione di questo tipo hanno portato conseguenze che stiamo pagando soprattutto in termini occupazionali. La Sardegna ha un patrimonio alimentare, naturalistico e demografico prezioso che deve essere valorizzato e sfruttato in modo ecosostenibile e coscienzioso, rispettando il clima e l’ambiente. L’Expo deve assolutamente rappresentare un punto di partenza per rivedere alcune politiche locali ispirandosi a nuovi modelli di sviluppo.
Jessica Pala, presidente Big Bang Sardegna