La Sardegna non può e non deve ospitare le scorie. Si tratta di un’ipotesi grave, che produrrebbe conseguenze rovinose su un’isola che sta ancora pagando un prezzo altissimo alle indadempienze dello Stato e all’abuso delle servitù militari, e che oggi vuole voltare pagina, assecondando la sua vocazione ad uno sviluppo sostenibile e rispettoso dell’ambiente.
Nella nostra isola ricade il 65% delle servitù militari nazionali, oltre 30 mila ettari di territorio sotto vincolo , 80 chilometri di costa perennemente inaccessibili e circa 20 mila chilometri quadrati inibiti alla navigazione, alla pesca e alla sosta durante le esercitazioni a mare. Ospitiamo tre poligoni, fra i più vasti d’Europa e dove vengono svolte attività di tiro altamente di struttive ed inquinanti.
La Regione chiede da tempo che venga finalmente avviato un processo di riequilibrio, rispetto alle altre regioni italiane, del peso delle servitù e delle attività militari, anche attraverso la chiusura, la riconversione e la restituzione delle servitù militari.
Questo triste primato, tutto sardo, comporta inequivocabilmente un “criterio di esclusione” della Sardegna dalla mappa dei possibili siti di stoccaggio in Italia.
La Sardegna ancora paga, inoltre, un pesante tributo alle inadempienze delle aziende delle partecipazioni statali, che hanno abbandonato l’isola lasciando desolazione e vasti territori inquinati che ancora attendono le bonifiche, dopo il breve sogno dell’industrializzazione o dopo decenni di sfruttamento minerario.
Per questo siamo in prima linea, con la determinazione e la coerenza che ci hanno caratterizzato negli anni, nel dire NO ALLE SCORIE e ad ogni attività che rischia di compromettere l’ambiente ed il futuro della nostra isola.
Eravamo in prima linea da subito anche nel 2003 nel manifestare “no scorie” quando una vera sollevazione unitaria e popolare sconsigliò di andare avanti nell’attuare decisioni già prese a danno della Sardegna. Non così si può dire dell’allora governo regionale amico di Berlusconi che per lungo tempo fece finta di non vedere e non sentire, e solo dopo l’avvio di una straordinaria mobilitazione sul web di respiro nazionale fu costretto a prendere una posizione contraria sul tema.
Abbiamo continuato ad opporci nel 2009, quando l’allora ministro Scajola venne in Sardegna a dire che la nostra isola avrebbe ospitato una nuova centrale nucleare trovando nell’appena insediato governo regionale di centro-destra una supina e calorosa condiscendenza, mutata solo dopo che l’opinione pubblica ancora una volta la costrinse a prendere atto della sua volontà.
Il PD Sardo vigilerà, si opporrà in tutte le sedi, si mobiliterà, difenderà i propri diritti e il proprio futuro.
Renato Soru
Segretario Pd Sardegna