Quella strana tendenza a legiferare sul corpo femminile

In un vicolo cieco: da una parte i cinque stelle, dall’altra la destra di governo.

In mezzo le vite di molti e molte, grandi e piccoli.

La questione è come venirne fuori perché, in qualche modo, da lì si dovrà pure uscire e a quale prezzo.
Scegliere il rischio totale, una roulette russa per i numeri del Senato, consegnandosi in mano a chi si è sfilato dal voto pochi minuti prima che si iniziasse o trovare un accordo di governo invece che parlamentare e, quindi aperto ad una maggioranza diversa?

La prima strada è stata quella perseguita fino ad ora nel tentativo di trovare numeri che permettessero di andare più in la di ciò che l’alleanza di governo avrebbe consentito. È stato un tentativo giusto e coraggioso ma purtroppo si è dimostrato, alla prova dei fatti, incapace di superare la tentazione di usare questa occasione per mettere il PD e il Premier, in condizioni di minoranza.

Fidarsi potrebbe essere ancora più pericoloso oggi.

Dall’altra parte la strada che oggi si sceglie, l’accordo di governo, non è meno insidiosa e va attentamente valutata per evitare ripercussioni spiacevoli e non preventivate. Il nostro alleato di governo è un partito di destra e, per quanto diverso dal passato, resta ancorato ai valori di quella parte politica.

E, difatti, riannoda i fili del ragionamento e riprende a legiferare da alcuni temi forti della destra in questo paese. E lo fa pur essendo al governo in posizione di minoranza e, dunque, non avendo la forza di fare su questo una battaglia autonoma e propria. Utilizza uno scivolo che la difficoltà, determinata dalla scelta dei cinque stelle, offre su un piatto d’argento.

Il centro destra lavora per ridurre l’ampiezza di ciò che si voleva riconoscere al mondo lgbt che, pure, era già una mediazione, e al contempo per le proposte che mette in campo rischia di assestare un colpo pesantissimo non solo ai diritti civili lgbt ma, anche, a conquiste importanti che negli anni sono state oggetto di intense campagne di opinione ed hanno visto in prima fila il movimento femminile.

È un percorso non immediatamente percepibile, perché legato ad alcuni passaggi tecnici di diritto penale sostanziale, ma non meno pericoloso.

Nella Cirinnà la maternità surrogata non c’è: non se ne parla e non è nemmeno sullo sfondo. E, tuttavia, non sarà sfuggito che, nelle richieste che in questi giorni si susseguono, questo tema sia riproposto costantemente dino ad arrivare alla ipotesi di introduzione di un reato per punire la maternità surrogata –anche commessa all’estero- sanzionata oltre che penalmente anche con l’inadottabilità del minore. Un delitto che si vorrebbe universale.

Questa ipotesi, anticipata pur senza la previsione dell’inadottabilità, in alcuni emendamenti già presentanti, è da prendere in attenta considerazione utilizzando, per l’analisi, quegli strumenti che il diritto vigente mette a disposizione del giurista.

Partiamo dalla universalità indicata come caratteristica di questo ipotetico reato: il richiamo suggerisce il suo inserimento nell’ambito dei delitti cd naturali ovvero quel nucleo di fatti di reato che sono ovunque e da sempre considerati sfavorevolmente e assoggettati a pena (esempio tipico è l’omicidio). Tuttavia difficilmente questa può essere la collocazione reale. Si tratta di un fatto nuovo nell’ambito penale e che, pertanto, non può avere quella valutazione universale negativa che è, invece, il presupposto dei primi.  La scelta di considerare un comportamento altrimenti neutro reato, è prettamente legislativa ovvero frutto di una scelta politica.

Questa ipotesi va dunque riportata al novero dei delitti artificiali che sono peraltro in gran numero nel sistema penale moderno e rispondono, in linea di massima, al crescere della complessità della società.

Per questi delitti più che per quelli naturali esiste, tuttavia, l’esigenza di procedere ad un rigoroso controllo in ordine alla definizione di uno dei principi cardine del diritto penale moderno ovvero l’offensività del fatto tipico. Controllo che ha lo scopo di evitare che il diritto penale si presti a diventare uno strumento non di punizione di fatti antigiuridici ma di fatti che, pur non essendolo o non recando offesa ad alcun bene di cui sia possibile la tutela nel nostro ordinamento, sono tuttavia considerati sfavorevolmente secondo una concezione etico-politica dominante.

Rischio sempre presente in una materia così delicata e che coinvolge un bene primario come la libertà personale dell’individuo. Proprio per questo la definizione dell’offensività attraverso l’individuazione da una parte del bene oggetto della tutela e dall’altra dell’offesa in concreto, svolgono nel nostro sistema una funzione (tra le altre) politico-garantista: impediscono che un delitto si trasformi in una mera violazione del dovere.

La valutazione del bene oggetto di tutela e dell’offesa ha come parametro naturale la Costituzione: i beni oggetto di tutela penale devono essere costituzionalmente significativi o, quantomeno, non incompatibili con la Costituzione. Se il bene giuridico manca o se è assente l’offesa, il principio di offensività è violato e non svolge la funzione di garanzia che l’ordinamento gli assegna.

Proviamo a verificare quale possa essere l’oggetto della tutela nel caso dell’ipotizzato delitto di maternità surrogata. Quale bene viene in considerazione in questo caso? Il diritto del minore a crescere con due figure genitoriali diverse per sesso, l’ordinato svolgersi della maternità che, usualmente, segue altre strade?

Difficile immaginare quale sia l’oggetto della tutela salvo ritenere, anche in considerazione della volontà di punirlo anche quando commesso all’estero e verosimilmente d’ufficio, che si individui un interesse dello Stato a garantire un percorso maternità di tipo tradizionale.

È tuttavia proprio questa ipotesi ricostruttiva a creare più problemi: da una parte in questo caso si tratterebbe di un reato plurioffensivo in cui la tutela del bene individuale verrebbe decisamente arretrata rispetto alla protezione del bene pubblico, dall’altra si sancirebbe una scelta tutta ideologica che –mascherata da interesse statale di tutela preminente- è destinata a superare, forzandolo, proprio il blocco del principio di offensività, sostituendo ad un oggetto giuridico reale, un ‘idea che si vuole perseguire. Non si tratterebbe di una idea qualunque ma di una scelta morale precisa che perimetrerebbe in modo drastico il recinto dell’area della procreazione trasferendolo, in modo non accettabile, in quello dell’interesse pubblico, di fatto imponendo comportamenti che sarebbero dettati da scelte etico morali.

Una evidente violazione del principio di offensività. E, tuttavia, l’aver suggeritoche alla sanzione penale si accompagni l’inadottabilità creerebbe un precedente davvero inspiegabile: per la prima volta nel nostro sistema penale si farebbero ricadere gli effetti amministrativo/penali di un delitto su un soggetto terzo, il minore frutto del concepimento, che dovrebbe essere al più la vittima.

È un passaggio delicato: non si tratta della dichiarazione che già oggi i Tribunali per i Minorenni emettono a chiusura di un singolo procedimento nel quale può essere o meno riconosciuta la capacità genitoriale del singolo e l’interesse del minore ad essere adottato.

Qui si tratta di una sanzione (amministrativa?) che segue l’accertamento penale del fatto di maternità surrogata e la condanna dello stesso, previsto in via generale ed astratta, quindi destinata a riguardare tutti i minori che dovessero nascere da quel percorso.

Ciò che preoccupa di più è l’attrazione alla sfera pubblica del delitto in parola con l’ovvia conseguenza sul piano sistematico, di riportare la vicenda della nascita e del concepimento dall’area dei diritti individuali a quella degli interessi statuali che prevarrebbero al punto di indicare come si possa procreare. E se questo è lo scenario, è lecito chiedersi come potrà un delitto di questo tipo convivere nello stesso ordinamento che riconosce alla donna la piena libertà di autodeterminazione in ordine alla interruzione della gravidanza.

Si tratterebbe all’evidenza di principi antitetici e che non potrebbero coesistere ma, l’introduzione oggi di una ipotesi di questo tipo, rischia di avere pesanti conseguenze anche in ordine al mantenimento del diritto di aborto. Non a caso questa proposta arriva dalla parte politica che ha sostenuto la legge 40 sulla fecondazione assistita. Una legge che con grande fatica è stata superata per la maggior parte dopo lunghe e faticose battaglie giudiziarie.

Il corpo delle donne è un tabù e ancora di più lo è la facoltà di autodeterminarsi liberamente.
Per questo oggi si vorrebbe sanzionare la maternità surrogata e domani si riprenderà a cercare di superare la 194.

Non prestiamo il fianco.

 

Rosanna Mura

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