«Ridateci le spiagge dei poligoni»

(L’Unione Sarda)

Le spiagge di Porto Tramatzu e Sabbie Bianche a Teulada per sempre libere dalla presenza militare, la restituzione alla Sardegna di una grossa fetta del poligono di Capo Frasca, lo stop ai vincoli sull’isola di Santo Stefano, alla Maddalena: richieste da soddisfare subito e solo per cominciare. La vera trattativa di Francesco Pigliaru con il governo sulle servitù militari sarde inizia da una lettera inviata lunedì scorso al sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Claudio De Vincenti. Quello del presidente della Regione non è un elenco di desiderata. Sono necessità dell’Isola, da affrontare durante un Consiglio dei ministri «ormai urgente»: previsto dalla legge, doveva essere convocato entro il 2 febbraio, per discutere del ricorso sardo sulla reimposizione della servitù sul bunker maddalenino, ma da Roma hanno fatto finta di niente. La missiva serve per preparare il terreno in vista dell’incontro a Palazzo Chigi, con Pigliaru seduto al tavolo con Matteo Renzi, e il tenore è chiaro: gli accordi, compreso quello di gennaio, non hanno prodotto risultati concreti, ora la Sardegna li pretende. SANTO STEFANO «Caro Claudio», è l’incipit. Il governatore sceglie un informale “tu” con De Vincenti per questa lettera ufficiale, protocollata in uscita da Viale Trento il 6 luglio, ma preparatoria. Subito ribadita la posizione su Santo Stefano, con il deposito di Guardia del Moro rioccupato militarmente lo scorso ottobre dopo che la Difesa, nel marzo 2014, si era dimenticata di rinnovare i vincoli: «Mi preme confermarti – scrive Pigliaru – la mia netta contrarietà alle decisioni assunte dal ministro Pinotti circa l’imposizione quinquennale di tale gravame». Il Consiglio dei ministri nel quale verrà ridiscusso potrebbe però diventare «occasione per una valutazione delle problematiche connesse con la presenza militare in Sardegna», sulla quale «ogni discussione deve essere svolta nella comune volontà di giungere alla concreta individuazione di misure di riduzione e riequilibrio» e in un quadro «di certezze e reciproci impegni». Basta chiacchiere, insomma. GLI OBIETTIVI Pigliaru individua «misure attuabili già nel breve periodo». Eccole: «Sussistono tutte le condizioni perché si proceda alla dismissione delle spiagge di Porto Tramatzu e Sabbie Bianche, ai confini del poligono di Capo Teulada». Entrambe ricadono nel Sic (Sito di interesse comunitario) e, aggiunge il presidente della Regione, i sindaci interessati hanno già dei progetti di sviluppo turistico nel rispetto dell’ambiente. Poi uno sguardo più a nord, sempre sulla costa occidentale: «Anche a Capo Frasca possono essere individuate porzioni di territorio da dismettere». Un po’ di numeri, contestualizzati: «Il poligono si estende per circa 1.400 ettari in un promontorio lungo un tratto (25 chilometri lineari) di costa meravigliosa, completamente preclusa a qualsiasi utilizzo che non sia il sorvolo di aerei». Non l’ha scritto chiaro, ma si capisce che per Pigliaru è un inutile spreco: «In occasione di una mia visita è emerso che la superficie realmente utilizzata è pari a un terzo di quella occupata». Fatte queste considerazioni, arriva la proposta: «Una immediata decisione da parte del Consiglio dei ministri di rilascio delle due spiagge e di una porzione del poligono di Capo Frasca darebbe un segnale di discontinuità col passato». INNOVAZIONE Per indole e ruolo il presidente della Regione non può essere annoverato tra gli oppositori antimilitaristi più sfegatati. Punta al riequilibrio e cerca un ritorno economico per i sardi: «Un’altra misura concerne la localizzazione in Sardegna di attività di ricerca in senso duale. La puntuale indicazione di attività di ricerca tecnologica sarebbe un segno concreto della volontà di avviare un processo di riconversione dei territori occupati dai poligoni», che porterebbero «sviluppo e occupazione». A De Vincenti Pigliaru chiede anche il riavvio del percorso di dismissione dei beni militari inutilizzati, oggetto di accordi nel 2008. Patti in parte non rispettati e, quando tradotti in liberazione di palazzi e terreni, sprecati per inerzia della Regione, che non li ha usati.

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