Secondo appuntamento di #classedem

Domenica si è concluso il secondo dei cinque appuntamenti di Classedem, la scuola di formazione politica nazionale sulla quale il Partito Democratico sta investendo in questi mesi.

Nella giornata di sabato, il premier Matteo Renzi ci ha raggiunti a sorpresa e ha preso parola in merito all’approvazione del maxi emendamento sulle unioni civili e sul tema della giustizia, riferendosi in particolar modo al caso del senatore Salvatore Margiotta, il quale è stato assolto con sentenza irrevocabile dalle accuse di corruzione e turbativa d’asta dopo tanti anni di battaglie legali.

Per quanto concerne il tema delle unioni civili, il segretario dice di essere “straorgoglioso” del risultato raggiunto, sebbene sia pienamente consapevole delle varie opinioni divergenti che noi ragazzi di Classedem abbiamo manifestato nei giorni scorsi. Una frase non detta a caso, considerata la forte posizione assunta dai noi giovani con un video diffuso sui social networks con hashtag #NOIDICIAMOCOSI, in cui chiedevamo esplicitamente che non venisse fatto nessuno stralcio e che si approvasse una legge inclusiva della Step Child Adoption che potesse garantire maggiore serenità alle famiglie che, purtroppo, ancora oggi aspettano maggiori tutele da parte dello Stato.

Subito dopo il saluto a sorpresa di Renzi è intervenuta la ministra Maria Elena Boschi, la quale ha ribadito che l’approvazione del maxi emendamento al Senato è stato un risultato che è destinato a cambiare il volto del nostro paese dopo anni di battaglie in cui non si è mai raggiunto nessun traguardo in tema di diritti delle coppie omosessuali.

È vero, nessun governo prima dell’era Renzi ha avuto il coraggio di portare all’attenzione degli italiani un tema di così tanta delicatezza all’interno di un Paese che sembra respingere il progresso, impantanato in un conservatorismo zavorrante. Ma si sa, noi italiani siamo dei bravi “narratori di lamenti”, giusto per citare Farinetti.

La lectio di Emanuele Macaluso è stata come un tuffo nel passato, basti pensare che l’oratore ha aderito nel 1941 al Partito Comunista prima della caduta del regime fascista. Un uomo che la Storia l’ha vissuta sulla propria pelle e nel cui animo risuonano tuttora, vividamente, gli ideali del socialismo.

La giornata di Sabato si è conclusa con la lezione di Roberto Gualtieri che ha dissertato di “europeismo”, uno degli elementi costitutivi della nostra identità di partito. Gualtieri non ha affrontato soltanto il tema “principe” della politica economica europea, ma si è soffermato ad analizzare, partendo da un punto di vista storico, la fase di delicata transizione istituzionale che l’UE sta attraversando per trovare un equilibrio tra spinte a tendenza federale e pulsioni a tendenza nazionale. Una fase ardua e molto complessa, proprio perchè la concezione di Europa degli Stati-nazione non è una cosa superabile con un colpo di “bacchetta magica”: vi sono secoli di storia, 28 paesi diversi, 25 lingue parlate che occorre armonizzare e coniugare in un’unica entità. Ricordiamoci che quella europea è allo stesso tempo una storia che, seppur costruita sulla base di relazioni reciproche e rapporti commerciali, è comunque una storia che ha visto fallire in passato tutti i tentativi di unificazione del continente.

La mattinata di domenica è stato altrettanto impegnativa e non sono mancati dei richiami alle riforme di governo, al cambiamento e alle sfide culturali, oltre al lavoro, ai fondi europei e alla visione di Europa intesa come opportunità.

Debora Serracchiani ha precisato più volte che la politica deve esser in grado di fotografare la realtà e garantire tutele. Ha parlato di sana ambizione, capacità, competenza e merito nel ricoprire determinati ruoli istituzionali. Ci ha invitato a non appiattirci davanti alle decisioni prese dall’alto e di pretendere sempre di sapere e approfondire i temi, senza mai improvvisare.

Concludo parlando della lectio di Stefano Bonaccini che, personalmente, è quella che ho apprezzato più di tutte le altre perchè molto vicina alla realtà locale in cui viviamo.

Il neo Presidente della Conferenza delle Regioni ha fatto una riflessione sul ruolo degli amministratori locali e sull’ etica pubblica, intendendola non solo come il “non rubare”, bensì come rendicontazione del proprio operato all’interno delle istituzioni e responsabilità nei confronti delle promesse fatte agli elettori in periodo di campagna elettorale. Inoltre ha parlato della necessità di conferire nuovamente dignità alle istituzioni che hanno, come sostiene lui stesso, “perso di smalto e credibilità nell’opinione pubblica”. “Un partito con correnti cristallizzate finisce per selezionare le persone che applaudono al rappresentante di quella determinata corrente e non chi merita e ha competenze (…) Vorrei un partito in cui si parlasse di cose e non di persone!”, ha affermato Bonaccini.

Oggi più che mai ne sentiamo il bisogno: non restiamo impantanati in correnti, sensibilità o come le si vuole chiamare, che non fanno altro che dividerci, delegittimare il partito che ci unisce e perdere soprattutto di “smalto e credibilità” davanti ai cittadini.

Alla prossima lezione

Cristiana Ferru

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