Di Sara Perredda
Solo pochi giorni ci separano dal tanto discusso referendum costituzionale e non solo in Italia ma anche all’estero, il dilemma che attanaglia gran parte degli italiani è sapere quale sarà lo scenario dopo il voto, perché sia che vinca il Sì sia che vinca il No, il 4 dicembre sarà una data destinata a fare la storia.
Vivendo momentaneamente nel Regno Unito, non ho avuto la possibilità di seguire con costanza le ultime fasi del dibattito che infiamma i salotti politici di destra e sinistra, limitandomi a leggere i quotidiani nazionali e a guardare in streaming qualche dibattito trasmesso sulle reti nazionali. La stampa inglese sembrava non dedicare grande spazio al referendum fino a quando The Economist ha pubblicato un pungente articolo sulla necessità che vinca il fronte del NO, esprimendo la sua totale contrarietà a una riforma che “non rispetta i principi democratici “[1] e della quale il Paese non ha bisogno. Dal momento della sua pubblicazione, il citato articolo ha innescato una reazione a catena e di conseguenza altri giornali inglesi, come il Financial Times, hanno iniziato a dare più spazio al voto del 4 dicembre e alla conseguenze di una possibile vittoria del No.
Il rumors suscitato dall’articolo del The Economist mi ha spinta a riflettere maggiormente sulle motivazioni che dovrebbero portare a sostenere la riforma piuttosto che disapprovarla . Tra i vari cambiamenti proposti nella riforma, quello che mi ha colpita maggiormente è l’abolizione del bicameralismo perfetto che prevede il rimodellamento del Senato formato da soli 100 componenti (attualmente sono 315 più i senatori a vita), 95 di essi verranno scelti dalle regioni in conformità con le scelte espresse dagli elettori mentre i restanti 5 verranno nominati dal Presidente della Repubblica. Da valore aggiunto a questo provvedimento il fatto che i nuovi senatori non godranno di alcun indennizzo, la scomparsa della figura del senatore a vita e la limitazione di età per diventare membro del Senato. La riforma rimodella l’assetto di una delle due camere non solo nei numeri ma anche nei poteri, il nuovo Senato si occuperà prettamente di materie che riguardano le istituzioni territoriali risolvendo il problema della cosiddetta legislazione concorrente (introdotta con la Riforma Costituzionale del 2001). Infine, il Senato si occuperà di verificare l’impatto delle politiche europee sui territori, avendo un potere più diretto d’intervento si garantirà una più rapida e soprattutto efficace attuazione delle normative europee in ambito locale. Il maggiore punto di forza di questa riforma costituzionale vede quindi come protagonista il Senato, un organo ristrutturato al fine di garantire un migliore funzionamento dei processi legislativi che fino a oggi si sono articolati in una continua diatriba tra le due camere.
Altri punti centrali sono l’abolizione del CNEL e delle Province e, benché venga aumentato il numero di firme per presentare una legge di iniziativa popolare (da 50’000 si passa a 150’000), si garantisce alla stessa la discussione e la conseguente delibera, evitando che la proposta cada nel dimenticatoio.
Domenica abbiamo l’opportunità di dar vita al cambiamento e proiettare l’Italia verso il futuro, il 4 dicembre possiamo fare la differenza e votare Sì.
[1] “Offend against democratic principles” The Economist. (2016). Why Italy should vote no in its referendum. [online] Available at: http://www.economist.com/news/leaders/21710816-country-needs-far-reaching-reforms-just-not-ones-offer-why-italy-should-vote-no